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cultura e società

Villa Verlato oggi


Arrivo davanti alla loggia un pomeriggio con il cielo nuvoloso. Non è la giornata ideale per fare foto, ma almeno la luce è più uniforme e usando un cavalletto basta allungare il tempo di esposizione.

Mirella mi accoglie, è gentile e interessata. Parla velocemente e mi dà un sacco di notizie sulla villa e sugli affreschi. Notizie interessanti e paragoni con villa Emo a Fanzolo del Palladio, si sofferma sui lacerti di pitture, sulle partizioni tra una scena e l’altra. D’altronde Mirella è del mestiere, insegna Storia dell’arte ed è stata proprio lei vent’anni fa, quando era assessore alla cultura di Piovene Rocchette, a promuovere delle passeggiate culturali per il comune. Lì ho conosciuto per la prima volta la meraviglia di Villa Verlato. E’ anche imparentata con gli attuali e i precedenti proprietari, ha seguito la pratica con cui la villa è stata segnalata alla Soprintendenza per i beni culturali, conosce molti aneddoti di storia recente. Insomma è una guida insostituibile.

E’ una villa?

Entriamo e visitiamo le tre grandi stanze del piano terra che si affacciano sul portico. Ha tre stanze molto grandi (oltre 6mx8m) con grandi finestre sul retro. Hanno pianta irregolare con pareti sghembe e comunicano tra loro. Sulla parete verso il monte dei caminetti molto grandi.

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E la scala dov’è?

palladio_la-rotonda-piantaLe scale nel ‘500 ancora non avevano l’importanza che assumeranno nel secolo successivo quando diventeranno importante elemento scenografico. Lo stesso Palladio a Palazzo Chiericati le racchiude all’interno di vani chiusi e nella più famosa delle sue ville, villa Capra detta La Rotonda, addirittura le scale sono confinate all’interno di piccole nicchie, scale di servizio dunque e poca concessione alla scenografia. Che anche qui le scale siano nella barchessa adiacente non stupisce e che lo fossero anche nel 1500 è probabile.

Villa Verlato

Dove sono le stanze di servizio, la cucina e la dispensa?

Insomma, questo è un bel palazzetto ma non sembra una villa vera e propria, sembra l’adattamento nobile di una dimora di campagna. Io e Mirella proviamo ad azzardare un’ipotesi.

Siamo nel 1500

E’ certo che ci fosse una dimora preesistente nel 1544 e forse prima, poi ampliata nel 1563 e probabilmente completata con pitture nel 1567 (data incisa sulla pietra del camino al piano primo).

La famiglia Verlato possedeva vasti terreni in zona, allora l’area a sud fino all’attuale “bivio” era tutta libera e tutta in proprietà.

Andrea Palladio

In quegli anni Andrea Palladio ha fatto una rivoluzione, ha mostrato come si potessero fare dimore di campagna di aspetto signorile. Non è cosa da poco perché allora la rendita delle famiglie nobili si basava sempre meno sul commercio (1) e sempre più sui frutti della terra.

Era importante per il nobile avere un controllo sulla conduzione dei fondi, sugli affitti, sulla veridicità dei racconti dei contadini che lamentavano raccolti scarsi per ridurre la quota di spettanza del proprietario. Ed ecco che invece di veloci viaggi lungo strade fangose per visitare i fondi, si prende l’abitudine di soffermarsi in campagna o addirittura di soggiornarvi durante l’estate.

Il Palladio intercetta questa domanda e costruisce dimore nobili unendo il bello e l’utile.

Da un secolo si studiava l’architettura dell’antichità che era considerata molto superiore a quella dei tempi moderni (cioè del XV-XVI secolo). Nel Cinquecento studio dell’antico si è così perfezionato (2) che si è in grado di conoscere gli stilemi dell’architettura antica e Palladio è quello che più di altri è in grado di riutilizzare i vari elementi dell’antichità (logge, timpani, finestre termali, …) per costruzioni che avevano funzione pratica e non solo rappresentativa. Progetta utilizzando le proporzioni desunte dagli antichi e questo conferisce un aspetto nobile anche alla più semplice delle sue costruzioni.

Nelle ville del Palladio il porticato serviva per feste, ma anche per i carri agricoli, i fienili stanno a fianco delle camere dei nobili. Essendo stato prima capomastro è abilissimo nell’usare i materiali e, se richiesto, può evitare la pietra e costruire splendide colonne con semplici mattoni, sa risparmiare sul marmo perché il suo cocciopesto rivestito di grassello misto a polvere di pietra imita il marmo alla perfezione.

Nel 1567, il Palladio aveva costruito la grande maggioranza delle ville che lo renderanno famoso. Tra queste ci sono ville ricche e affrescate in modo maestoso come Villa Godi a Lonedo, Villa Barbaro a Maser, villa Emovilla Emo a Fanzolo, ricca di nobili affreschi, ecc. Accanto a tali meraviglie aveva costruito edifici più spartani come villa Gazzotti a Bertesina (1542), villa Arnaldi di Sarego (1547) incompiuta, semplici ma dignitose dimore di campagna.

Lo spirito dei tempi

E’ probabile che la famiglia Verlato conoscesse l’opera di questo architetto vicentino, probabilmente aveva soggiornato in qualcuna delle ville da lui progettate ed è così, ipotizziamo, che era nato il desiderio di mostrare la ricchezza della famiglia, di non sfigurare rispetto agli altri nobili.

Allora l’edificio doveva già essere sistemato e soprelevato visto che la data del 1567 compare al piano primo e che gli affreschi del portico rivestono anche la parete interna della facciata. Sicuramente non hanno chiamato nessun architetto per abbellire la casa, si sono fidati di qualche capomastro che conosceva la pietra e gli archi a tutto sesto, ma non conosceva le proporzioni.

La prova? Guardate la facciata. Non può non colpire la bellezza e la regolarità della parte inferiore e anche la simmetria della parte superiore, ma quando le mettiamo assieme, vediamo che la simmetria e le regolarità entrano in conflitto: il poggiolo avrebbe dovuto coincidere con l’ingresso, seppur sfalsato rispetto alla mezzeria (asse arancione), oppure essere posto esattamente sopra la colonna di mezzo (asse giallo). La soluzione scelta è del tutto casuale e le finestre non hanno nessun allineamento riferito agli archi.

Nonostante l’imperizia del capomastro la facciata ci piace, l’irregolarità delle proporzioni dà un’aria di campagna alla nobiltà delle forme e mostra quanto fosse diffuso il gusto della semplicità anche tra chi non aveva letto i trattati dell’Alberti.

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Le pitture

La famiglia Verlato voleva un palazzetto dipinto e riuscì a intercettare non un pittore famoso, ma probabilmente qualcuno che aveva partecipato, come garzone di bottega, ad un ciclo di pitture.

Ne è convinta Margaret Binotto (3), esperta d’arte e ne è convinta anche Mirella Gon che ha visitato più e più volte villa Emo a Fanzolo (TV).

Basta guardare l’unica scena dipinta che si è salvata: Venere e Adone. La disposizione e la posa dei due personaggi è del tutto simile così come la posizione e la direzione della lancia.

Se osserviamo i dettagli, il viso dei protagonisti è interessante e ben delineato, la mano è felice anche se non era appoggiata da una bottega all’altezza. Guardate quanto è deludente il viso e il braccio dell’angelo in basso a sinistra.

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Dai un’occhiata alle erme

Meritano attenzione, secondo Mirella, le erme (pilastrini sovrastati da una testa) che segnano il confine tra un quadro dipinto e l’altro. Sono semplici disegni in bianco e nero, ma indicano una mano esperta.

Villa Verlato

Villa Verlato

La Pittura nel Veneto

Andiamo in biblioteca e cerchiamo il grande volume dell’Electa sulla pittura Veneta del Cinquecento. La sezione dedicata alla provincia di Vicenza è curata dalla dott.ssa Margaret Binotto, che è stata anche colei che ha steso la relazione di vincolo di Villa Verlato trasmessa alla Soprintendenza.

Leggiamo.

In un piccolo ciclo di affreschi conservato nella casa Verlato a Piovene Rochette, databile al 1567 si riconosce la presenza di due artisti che fecero parte delle maestranze impegnate a villa Godi e villa Emo. Nella stanza a sinistra una serie di Erme, identiche a quelle della stanza delle stagioni di di Lonedo, …

… oggi è chiaramente visibile un unico episodio con Diana che cerca di dissuadere Adone dalla caccia, preso quasi alla lettera dall’analogo episodio raffigurato da Zelotti nella stanza di Venere nella villa di Fanzolo. Dallo stesso ciclo deriva la commistione di di soggetti profani e sacri: … la Vergine con il Bambino e San Giuseppe, reinterpretando la Sacra Famiglia affrescata nella sovrapporta delle stanza delle arti.

Le fisionomie zelottesche nella traduzione del collaboratore perdono la morbidezza dei modelli: una linea insistita sottolinea le sopracciglia, le orbite, i nasi e le bocche carnose. Non è da escludere che in questi affreschi sia intervenuto quel Girolamo Pisani, che lo Scamozzi nel 1615 ricorda come allievo dello Zelotti…

Nella stanza centrale  corre un fregio molto rovinato con immagini che ritraggono il lavoro nei campi nelle diverse stagioni…

Villa Verlato

Il fregio dipinto della stanza a sinistra

 

Villa Verlato

Fregio decorato nella stanza a sinistra

Villa Verlato

Fregio decorato nella stanza a sinistra, si intravvede il caminetto fatto costruire dal Caregaro Negrin che ha distrutto parte dell’apparato pittorico. In centro lo stemma della famiglia Loschi e una descrizione del lavoro nei campi

Villa Verlato

Fregio dipinto nella stanza di mezzo. Si nota una descrizione del lavoro nei campi e il fregio della famiglia Verlato, in parte rovinato

Al piano primo

Sopra la loggia una stanza immensa, grande quanto la loggia sottostante.

Villa Verlato

Alle pareti tracce di antiche pitture quando la stanza era divisa da tramezzi. A guardare bene tra un trave e l’altro si intravvedono resti di decorazioni, non si tratta di pitture analoghe a quelle del piano terra, ma pur sempre segno della nobiltà degli spazi.

Villa Verlato

Piano primo. Tracce di decorazioni pittoriche in parte alterate durante l’ultimo intervento di sistemazione della copertura

Villa Verlato

Piano primo. Sulla cappa del camino affiorano patine pittoriche precedenti all’ultima

Ed ecco il camino del piano primo. Sull’architrave la data del 1567 che viene considerata la data di ultimazione di questa villa. Stranamente la scritta non è simmetrica, ma bilanciata verso sinistra.

Villa Verlato

Piano primo: il caminetto. Dalla finestra di destra si intravvede il muro dell’adiacente villa Fraccaroli

Villa Verlato oggi

Passiamo dunque a rispondere alla domanda del titolo. La villa ha subito un’infinità di vicende non tutte ricostruibili. Alla fine della seconda guerra mondiale era abitata da numerose famiglie che avevano suddiviso il piano primo in corridoi e stanze ognuna di una famiglia diversa.

Poi un po’ alla volta le famiglie se ne sono andate abbandonando la villa. Negli anni ottanta del novecento un intervento pesante alterava le barchesse sul fianco: il porticato veniva abbassato, le splendide colonne monolitiche in pietra di Piovene sono state tagliate per permettere l’abbassamento del porticato. L’immagine di questa porzione di edificio è stata alterata per sempre.

Negli anni novanta del XX secolo è stato fatto un intervento di sistemazione della copertura che ha messo in sicurezza la villa e i dipinti.

Oggi la villa si presenta disabitata, con sottofondi grezzi, tuttavia è preservata dalle infiltrazioni d’acqua. Nel frattempo è passata di proprietà e i nuovi proprietari pur sensibili alla bellezza che possiedono non hanno i mezzi per una vasta campagna di recupero delle parti pittoriche. E’ possibile che, sotto gli strati di colore si celino pitture estese e magari anche di pregio, ma non ne sappiamo nulla in assenza di una seria, lunga e costosa indagine.

Pur nella sua vetustà ci parla ancora di un tempo fausto in cui le case di campagna ospitavano nobili e contadini fianco a fianco e in cui l’arte raggiungeva anche le dimore di campagna.

Speriamo che tutto questo si colga dalle immagini che qui mostriamo.

 

Gli articoli precedenti si trovano qui


NOTE

(1) La rotta verso oriente con la quale Venezia si era arricchite per secoli si stava inaridendo per la concorrenza delle rotte verso l’America che favorivano Spagna, Portogallo, Inghilterra e Olanda.

(2) Non si pensi che studiare le rovine antiche fosse così semplice. Il Brunelleschi, uno dei primi a scendere a Roma per misurare le rovine antiche, conobbe solo l’ordine corinzio e progettò solo con quello. Occorrerà attendere Leon Battista Alberti e poi il Vasari per avere un quadro più chiaro del modo di progettare degli antichi.

(3) Margaret Binotto è esperta di storia dell’arte con specializzazione per la pittura vicentina. Ha curato per Electail fondamentale LA PITTURE NEL VENETO – Il cinquecento, per il quale ha curato la provincia di Vicenza. L’elenco delle sue opere è molto vasto e se ne può leggere un estratto qui: http://www.worldcat.org/identities/lccn-n82107128/. Ha steso la relazione storico artistica su Villa Verlato presentata alla Soprintendenza.

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4 commenti su “Villa Verlato oggi

  1. Agostino Toniolo
    20 novembre 2016

    Ottimo articolo che da idea di quanto significativa sia, per Piovene, questa residenza nobiliare.
    Grazie a Renzo e alla Mirella, sempre attenti alla nostra storia e cultura.

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  2. Anonimo
    21 novembre 2016

    Molto chiaro ed efficace.

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  3. Pingback: Villa Verlato 2 | Accogliamo le Idee

  4. Pingback: Alla scoperta di Piovene – officina'19

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