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Sprawl: dispersione/esplosione urbana


Nell’articolo precedente abbiamo esaminato alcuni aspetti dell’insediamento delle attività umane nel territorio e nel particolare tipo di paesaggio che ne deriva. Le tradizionali categorie di Città, come luogo dove si concentrano le persone e i servizi, e Campagna, come luogo destinato alla produzione agricola e quindi con poca e dispersa presenza umana, queste categorie sono cadute sotto la crescita esponenziale di un nuovo tipo di paesaggio: quello che con termine inglese viene chiamato “Sprawl”.

 

Oggi invece? Ci dividiamo ancora tra questi due paesaggi? Viviamo ancora in essi? Purtroppo no, buona parte della popolazione veneta abita nello sprawl.

Lo sprawl è l’urbano sparpagliato, gettato, spalmato sul territorio, in maniera causale, a bassa densità e per nulla pianificato (anche se, formalmente, è infarcito di piani e strumenti urbanistici).

Se l’urbano si spalma perde compattezza e non è più città. Da qui il controsenso di usare, per definirlo, il termine “città diffusa”. La città, se è diffusa, non è più città, vengono meno quegli elementi essenziali dell’essere città: compattezza, densità e mix di attività e servizi.

Come un blob

… l’urbanizzazione si disperde per la campagna e perde i vantaggi dell’essere città e i vantaggi dell’esser campagna. Proprio così, i vantaggi dell’esser città; la dispersione urbana ne perde il vantaggio principale: in città, in un raggio relativamente breve, ho “a portata di mano” tutti quei servizi che mi servono per vivere. Contemporaneamente nello sprawl, la campagna, tagliata e spezzetta, non può più svolgere in maniere efficiente il proprio compito principale: produrre cibo.

Il termine sprawl

Sprawl è un termine nato in Nord America negli anni ‘30 del ‘900. Potremmo tradurlo come: dispersione urbana a bassissima densità, anarchica e casuale. Una definizione un po’ lunga, quindi è forse meglio continuare a chiamarlo sprawl o al massimo abbreviarlo con dispersione urbana.

Non possiede tutti i servizi della città; o per meglio dire… li possiede, ma sono dispersi sul territorio; per raggiungerli devo spostarmi ad una certa distanza e per farlo uso l’auto in quanto il trasporto pubblico è impossibile da organizzare.

Non ha campagna; o meglio: in esso troviamo lacerti, terreni di risulta che alla fine non sono più produttivi. La campagna razionale ed estesa sparisce: ingoiata, frammentata, parcellizzata dalla dispersione urbana; un’attività agricola redditizia diventa impossibile da attuare. Si coltiva qualche scampolo di terreno per produzioni irrisorie e familiari.

IMMAGINE (2)

Parte dell’altovicentino, preso dalla strada del Costo che porta verso l’altipiano dei Sette Comuni

Si nota la dispersione urbana, lo spazio della campagna equivale all’urbano, bassissima densità e quindi grande difficoltà se non impossibilità di organizzare il trasporto pubblico.

Periferia?

Qualcuno la chiama periferia ma non lo è, quest’ultima è ancora l’inizio dell’espansione della città, si dilata, si sfrangia lungo i bordi, ma fa ancora riferimento alle città che la storia ci ha consegnato. Invece lo sprawl è “un’esplosione urbana” a bassissima densità, i centri preesistenti non sono più un punto di riferimento e il territorio inizia a funzionare senza di essi.

Basta pensarci un attimo, quante volte succede che andiamo, come si diceva anni fa, “in centro” a fare acquisti? Molti di noi passano interi mesi tra lottizzazioni residenziali in cui viviamo, zona industriale in cui lavoriamo, centri commerciali in cui facciamo la spesa e altri “parchi” dove acquistiamo di tutto, dall’arredo all’auto, e dove andiamo persino al cinema o a cenare. Spesso e volentieri ci muoviamo lungo le strade-mercato con l’auto a mo’ di carrello per fare la spesa. Quando torniamo in centro, lo facciamo per rivivere quello spazio urbano della tradizione che nello sprawl non troviamo.

Lo sprawl costringe al mezzo privato motorizzato, ci rende totalmente dipendenti

autoveloceParchi e centri commerciali, svincoli, lottizzazioni residenziali, strade-mercato – quell’infilata continua di attività commerciali che troviamo lungo i bordi di molte strade – e zone industriali che spuntano nelle zone più impensate. Parcheggi (tanti) e autostrade. Strade di tutti i tipi, provinciali, statali, superstrade e tutte invariabilmente accompagnate ai lati da un’attività edificatoria. In questo territorio si dipende dall’auto, per qualsiasi commissione ho necessità della macchina. Il trasporto pubblico non esiste non solo per una cattiva politica che nel tempo ha smesso di finanziarlo, non è proprio possibile organizzarlo. La principale causa di questa impossibilità sta proprio nella bassa densità associata all’anarchia urbanistica. In esso il trasporto collettivo diventa inefficiente, non competitivo sotto tutti gli aspetti; è impossibile innervare l’intero territorio di linee pubbliche.

L’uso dell’auto …

è esso stesso produttore di altra dispersione, si autoalimenta. Quando la popolazione dipende dalla macchina tutto ciò che viene costruito si adatterà ad essa e agli spazi (molti) che richiede. I servizi, una volta in centro città, vengono dispersi ed espulsi per poterli raggiungere. La grande distribuzione viene dispersa in scatoloni al di fuori dei centri, spesso nelle vicinanze degli svincoli. Un circolo vizioso che purtroppo continua ad autogenerarsi e a peggiorare.

Problemi della dispersione urbana (sprawl)

Spesso, questo tipo di territorio, è criticato dal lato estetico, ma il principale problema di questo modo di insediarsi non è tanto la “bruttezza” né tantomeno il disorientamento e spaesamento che genera nell’osservatore. Ci si muove infatti in continuum di edifici (case, capannoni, centri direzionali-commerciali) che fa venire meno la separazione tra una cittadina e l’altra e sicuramente da questo punto di vista lo sprawl ha distrutto paesaggi di valore storico notevole se non inestimabile che potrebbero essere fonte di reddito ma, per molti versi, questi possono anche essere aspetti soggettivi. Paradossalmente il danno estetico non è il principale effetto collaterale dello sprawl, anzi a qualcuno può pure piacere la dispersione urbana; in fin dei conti, a pensarci bene, vi sono code durante i fine settimana per precipitarsi nel nuovo parco commerciale sorto a qualche minuto di autostrada.

Il guaio principale dello sprawl è il costo. È costoso sotto tutti i punti di vista e questi costi li dobbiamo sostenere noi. Quindi non è un problema innanzitutto estetico e nemmeno sociale o ambientale (anche se vi sono eccome dei problemi ecologici e sociali) ma il danno è prima di tutto economico. È un territorio insostenibile sotto tutti i punti di vista, inefficiente e, le inefficienze, ovviamente si pagano.

SPRAWL COST 01

Immagine tratta dal sito http://thecostofsprawl.com/

Nell’immagine sono schematizzati i costi dello sprawl, confronto tra il vivere in città e il vivere invece nel suburbio, luogo tipico della dispersione urbana (lottizzazione di villette unifamiliare):

  • i costi annui della città ammontano a 1416 $
  • i costi annui della dispersione costano 3642 $.

I costi dello sprawl (storia)

Che vi fosse qualcosa che non andava lo aveva capito Earl Draper in USA, negli anni ’30 del ‘900, quando coniò questo termine, sprawl: stravaccato, spaparanzato [1]. L’avvento dell’auto e l’energia elettrica diramata in ogni luogo ci stava affrancando dal dover vivere compatti e densi. L’individualismo di massa (grazie soprattutto all’auto) stava diffondendosi e il territorio non sarebbe stato più come lo avevamo visto sino ad allora: una serie di centri, più o meno grandi, ma comunque compatti, immersi e circondati da campagna e natura.

Ci volle qualche decennio per capire che tutto ciò aveva delle conseguenze negative e dei costi.

Negli USA

Bisogna aspettare il secondo dopoguerra quando negli USA si inizia a studiare il fenomeno dello sprawl. Quella nazione è in qualche modo la prima a subire la motorizzazione di massa ed è quindi la prima che si pone il problema. Da subito si inizia a comprendere che questo tipo di territorio ha dei costi e gli studi lo dimostrano. [2]

Si comprende che la manutenzione delle infrastrutture e dei sottoservizi nella dispersione aumentano. Per fare un esempio banale: portare acqua, elettricità, gas a qualche centinaio di abitazioni unifamiliari è più costoso che portarli a una decina di blocchi edilizi residenziali multifamiliari. Nello sprawl i sottoservizi si moltiplicano, così come le strade, i marciapiedi,i parcheggi, semafori, rotatorie, svincoli…

Tutto questo ha bisogno di manutenzione e controllo, questi sono i primi costi diretti che l’amministrazione deve sostenere, poi ad essi vanno sommati tutti quei costi indiretti o comunque apparentemente nascosti a cui dobbiamo far fronte: dissesto idrogeologico e cambiamenti climatici regionali; inquinamento; dipendenza dall’esterno nell’importare alimentari causa consumo di suolo produttivo; mancanza di guadagno dall’aver deperito un bene di consumo, il paesaggio, fondamentale nel settore turistico, soprattutto quello sostenibile che sta avanzando.

Molte volte non ci si fa caso… ma questi costi li sosteniamo noi. Una malattia è una disgrazia ma è anche un costo, rende la persona inabile anche solo temporaneamente al lavoro e le cure sono un prezzo da pagare. Lo sprawl, la dispersione urbana, è anch’essa una malattia, patologia del territorio e le cure, alla lunga, le dobbiamo affrontare, con la tassazione oppure con un taglio ai servizi erogati dal pubblico:

Sebbene rilevanti, i costi dello sprawl non si esauriscono nei costi esterni legati alla produzione di inquinamento atmosferico o alla congestione. Essi si manifestano anche, e forse in maniera preponderante, sui bilanci comunali. Se, infatti, i Comuni devono offrire un certo ammontare di servizi pubblici ai cittadini che risiedono su un determinato territorio, è naturalmente più conveniente, in termini di minori costi di servizio, che la popolazione risieda in un’area circoscritta. La dispersione della popolazione sul territorio comunale comporta, dunque, maggiori costi a carico dell’amministrazione comunale così da determinare nel lungo periodo un peggioramento della performance finanziaria.” Marco Percorco, Alberto Zanardi – Consumo di suolo, crisi del paesaggio, finanza locale

SPRAWL COST 02

Nel grafico (tratto dal sito http://thecostofsprawl.com/) sono sintetizzati i diversi costi dovuti allo sprawl: spese di mantenimento dell’auto; costi per le strade e sottoservizi assai più presenti nella dispersione urbana; maggiore incidenza di incidenti sino ai problemi di salute, tanto che qualcuno parla anche di obesità da sprawl dovuta alla vita più sedentaria causata dalla dipendenza dell’auto. [3]

Continua …

L’articolo precedente si trova qui: Città, campagna, sprawl


Robert Maddalena

Note

[1] Draper, ormai gentiluomo del Sud attento a non offendere orecchie sensibili, impiega un po’ a chiamare col suo nome, anche perché quel nome ancora non l‘ha inventato nessuno, salvo le mamme quando sgridano i bambini perché non si sta così “stravaccati” sul divano. La dispersione urbana si sta stravaccando sul territorio, è una tendenza facilmente rilevabile già negli anni ’30 ovunque lo sviluppo economico abbia messo a disposizione le risorse necessarie. E la dispersione urbana quelle risorse se le divora, a volte spostando diseconomie su altri territori, a volte obliterando gli stessi luoghi. La parola sprawl, però, che negli stessi anni ’30 si diffonde probabilmente anche in Europa (personalmente ne ho trovate tracce negli atti della britannica Commissione Scott sul paesaggio), sembra restare lì, sospesa nell’allarme lanciato da Draper agli urbanisti americani. E a giudicare da certa pubblicistica dalla coda di paglia, le cose anche oggi non sono cambiate tantissimo: lo “sviluppo” innanzitutto.

Estratto da: L’uomo che inventò lo sprawl di F. Bottini – http://www.cittaconquistatrice.it/luomo-che-invento-lo-sprawl/

[2] A tal proposito si veda il capitolo I costi della dispersione urbana di M.C. Gibelli in I costi collettivi della città dispersa. Vengono riportati vari studi in ambito statunitense ed europeo e descritti i costi sociali e pubblici dello sprawl, oltre a citare una vasta bibliografia.

[3] La scena credo sia nota a tutti. Il ragazzino sta in casa, e ci sta per forza dato che se aprisse il cancello della villetta si troverebbe quasi di colpo sulla strada dove sfrecciano pericolose auto. Là fuori ci si va solo accompagnati dai genitori o dai nonni, quasi sempre in auto, e loro non hanno tantissimo tempo da dedicare a quelle trasferte, che di solito si concludono in altri posti abbastanza chiusi, la scuola, il doposcuola, il centro commerciale, la tavernetta di casa degli amici se c’è una festicciola di compleanno (con merendine e bibite zuccherate extra). Una generazione o due fa, lo stesso ragazzino scuola e sonno a parte avrebbe passato gran parte dei suo tempo a giocare in strada con gli amichetti, magari andando a esplorare i dintorni, o ingaggiando quelle curiose battaglia fra bande di ragazzini tra un quartiere e l’altro celebrate dalla letteratura, tipo La Guerra dei Bottoni. Oggi niente, e la ragione come ci spiegano metri cubi di letteratura scientifica si chiama sprawl, un impasto di spazi, strutture, consumi, stili di vita, che secondo i medici favorisce sedentarietà e obesità. Ma queste cose nelle nostre ricerche non le trovate: i bambini brianzoli aumentano di peso, in modo preoccupante, per motivi, diciamo così, parziali.

Estratto da: Sprawl: tutto ciccia e brufoli di F. Bottini – http://www.cittaconquistatrice.it/sprawl-tutto-ciccia-e-brufoli/

 

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4 commenti su “Sprawl: dispersione/esplosione urbana

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