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I costi del territorio (1)


Dopo, vado a Trento in mezzora.

Quante volte l’avete sentito questa frase a proposito della Valdastico Nord? Ovviamente la pronuncia chi è a favore della sua prosecuzione, ma

  • è davvero così semplice raggiungere Trento in mezzora?
  • e, soprattutto, quanto ci costerà?
  • il prezzo di quella mezzora sarà dato solamente dal prezzo del pedaggio?

Quest’opera (l’autostrada A31 – Valdastico nord) è stata, negli ultimi anni, abbastanza indagata, in questo sito trovate parecchi scritti che ne riportano la storia, le problematiche, la motivazione principalmente “finanziaria” di questa infrastruttura: ottenere proroghe della concessione e quindi i guadagni multimilionari per i prossimi decenni. Eppure vi sono degli aspetti dei quali non teniamo conto quando un’opera del genere diventa a tutti gli effetti operativa.

Il territorio urbanizzato costa.

Non solo costa produrlo – costruire strade, parcheggi, fognature, svincoli, sottoservizi che diffondono gas, acqua, elettricità, fognature… – ma costa anche mantenerlo.

La spesa sui bilanci comunali non è cosa da poco e da qualche decennio continua ad aumentare. Logicamente la spesa per manutenere il territorio urbanizzato viene sostenuta da noi attraverso

  • la tassazione oppure, in alternativa,
  • attraverso il taglio di altri servizi.

È un po’ come avere una casa,

casasappiamo tutti che la proprietà di un bene immobile implica costi e quote di denaro che debbo mettere da parte (e anche se non lo faccio è come se lo facessi) per rifare, dopo un certo numeri di anni: tinteggiature, intonaci, impianti, serramenti, finiture, copertura e via dicendo.

Il bene tende a deperire perché lo usiamo e dobbiamo intervenire per prolungarne la vita e perché non ci piova in testa.

Se siamo persone razionali, cerchiamo una casa o un appartamento che i nostri guadagni ci permettano di mantenere e affrontarne le spese. Non acquisteremo un appartamento di duecento metri quadri quando il nostro reddito ne permette uno di cento.

La stessa cosa

dovrebbe succedere per il territorio urbanizzato, dovremmo produrne quanto ce ne serve, il necessario, perché se ne produciamo di più il mantenimento di quel surplus di territorio urbanizzato peserà sul reddito dell’intera collettività.

Invece, da più di mezzo secolo continuiamo ad urbanizzare in maniera ben superiore rispetto alle nostre reali esigenze e rispetto al nostro reddito collettivo. Riporto un grafico, che non ha fini scientifici ma è funzionale a fare comprendere meglio la questione.

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Oltre il bisogno

Sino a metà del secolo scorso l’urbanizzazione ha seguito un andamento per certi versi simile all’aumento della popolazione: si costruiva quand’era necessario.

Dal secondo dopoguerra invece ha iniziato a differenziarsi, a salire maggiormente rispetto alla popolazione che continuava comunque ad aumentare ma l’edificato e con esso tutta l’infrastrutturazione connessa cresceva ad un ritmo maggiore per arrivare, negli ultimi due decenni del ‘900 e al primo del nuovo secolo, al punto in cui abbiamo continuato ad urbanizzare pur non aumentando di popolazione, anzi negli ultimi anni questa è addirittura calata.

Contemporaneamente il nostro reddito è aumentato ma, ad un certo punto si è stabilizzato assieme alla popolazione per poi arrivare, nell’ultimo decennio post crisi anche a diminuire (crisi del 2008). Le frecce ROSSE rappresentano i costi del territorio urbanizzato, anch’essi aumentano all’aumentare della produzione dell’urbanizzazione e, sarebbe anche da sottolineare, sono aumentati vertiginosamente quando abbiamo iniziato a fare SPRAWL, cioè abbiamo iniziato a disperderci a bassissima densità.

La differenza tra la curva dei costi e il nostro reddito è praticamente ciò che paghiamo per tenere letteralmente in piedi il nostro territorio.

Questi i costi cosiddetti diretti, ad essi andrebbero però aggiunti quelli indiretti o “nascosti”, costi che non vediamo, di cui spesso non ce ne accorgiamo ma che pesano anch’essi sulle nostre tasche:

  • dissesto idrogeologico dovuto al consumo di suolo;
  • danni ambientali;
  • danni alla nostra salute;
  • i mancati guadagni – come li chiama Salzano “il danno emergente e il lucro cessante” – cioè la perdita di attrattività dei nostri territori sottoposti ad un’incessante opera di distruzione estetica, ambientale e funzionale.

Un territorio poco efficiente

Sì, proprio così, funzionale, un territorio senza pianificazione e sprawlizzato è un territorio poco efficiente e quindi poco attrattivo anche per altre attività economiche, non solo per il turismo.

Che nesso può avere questo con un’autostrada che ci porterà (forse, molto forse) a Trento in meno di un’ora?

È un legame per molti versi automatico: la nuova autostrada, se mai si farà, andrà ad impattare sull’intero territorio da Rovigo a Trento.

Cemento e svincoli

Oramai vi sono quantità notevoli di studi che mettono in evidenza gli effetti collaterali delle strade e delle autostrade, il primo è il proliferare di territorio urbanizzato nelle adiacenze:

la Valdastico andrà a provocare lottizzazioni residenziali, industriali, terziari, commerciali lungo l’intero suo asse.

Gli svincoli saranno gli elementi principali dai quali verranno gettate fuori queste escrescenze urbanizzate, è lì che i terreni subiranno una rivalutazione e diverranno appetibili per insediarci nuove attività. Ambiti prima considerati “inaccessibili” per questioni geografiche diventano di colpo accessibili e pertanto quei luoghi, nei quali nessuno avrebbe mai pensato di andarci ad insediare attività, diventano immediatamente sfruttabili.

Cementodotti

Fabrizio Bottini, scrivendo di autostrade, ha coniato il termine “cementodotto regionale”. Sorta di betoniera a grande scala che spara fuori dagli svincoli valanghe di metri cubi di edificato e, soprattutto, spara fuori valanghe di auto le quali, come rivoli impazziti, produrranno traffico, necessità di parcheggi, svincoli, bretelle e tutto l’armamentario che l’uso dell’automobile comporta.

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Un grido

Di questo effetto se ne sono accorte in queste settimane persino alcune categorie economiche. Al grido di “sarà un bagno di sangue” hanno iniziato, a proposito della Strada Pedemontana Veneta, a reclamare svincoli, complanari, circonvallazioni perchè qualcuno ha fatto notare loro che la nuova autostrada, complice i 16 caselli posti a 5/6 chilometri di distanza l’uno dall’altro, rischia di diventare produttrice di “un edificato lineare lungo l’intera infrastruttura”, in una parola: sprawl.

Lascia basiti il fatto che invece di reclamare governo del territorio e pianificazione, quindi congegni che impediscano le conseguenze maggiormente deleterie, reclamino a gran voce ulteriori infrastrutturazioni che non faranno altro che peggiorare gli effetti collaterali della superstrada in costruzione. Ovviamente, di questo territorio supersprawlizzato, i costi – il fatto che quelle autostrade, le opere connesse e i danni le paghino le finanze pubbliche – pare quasi che siano un effetto, per così dire, accettabile e ordinario.

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Continua …


arch. Robert Maddalena

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Un commento su “I costi del territorio (1)

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Questa voce è stata pubblicata il 7 aprile 2018 da in Ambiente territorio con tag , , , , .